Video intervista a Cécile Kashetu Kyenge, portavoce del 1 marzo: la rete che inventò lo "sciopero dei migranti" del 2009, rilancia Il giallo, colore simbolo del cambiamento e anche colore neutrale. Non appartiene a nessun partito, ma dal 2009 è il colore di una società futura e che in realtà è già qui: la società che si intreccia tra apertura e contraddizioni nelle piccole e come nelle grandi città. Una realtà da cui non si può tornare indietro. E da cui non si deve tornare indietro, dice la Rete 1 marzo. Quel gruppo che è diventato in questi anni, nel panorama antirazzista, quello forse più in linea con la volontà di pensare all'Italia come un paese moderno e avanzato. Con la volontà, cioè, di sottolineare le opportunità del "meticciato" quotidiano, della forza che potrebbe venire a tutti noi se solo ci impegnassimo a valorizzare il bello di avere colleghi di lavoro che vengono da altri paesi, compagni di scuola dei nostri figli, vicini di casa....
Ma ovviamente la Rete 1 marzo prende di petto anche questioni più politiche: denuncia di una società, quella italiana, sempre più pervasa e "informata" dal razzismo istituzionale. La richiesta chiara e netta di abolire il permesso di soggiorno a punti e di chiudere i Cie. L'impegno per la riforma della legge sulla cittadinanza e per la concesione del voto agli immigrati.
In quanto allo sciopero, come dice Cécile Kashetu Kyenge nella videointervista, il 1 marzo lavora nell'ottica di tutelare il diritto all'astensione dal lavoro sia in sintonia con i sindacati che come diritto individuale. Ancora non si è riusciti a mettere in piedi una vera e propria giornata di "sciopero migrante". Ma l'esistenza stessa della Rete non fa perdere le speranze.